INTERPRETAZIONE

Il Canto tratta del proseguimento e la conclusione della processione, divisa in due momenti distinti: nella parte iniziale la processione torna indietro e si ferma presso l'albero di Adamo mentre in quella seguente vengono rappresentate le vicissitudini storiche della Chiesa raffigurate in modo allegorico dalle vicende del carro.

L'episodio si apre con l'abbagliamento di Dante dopo aver osservato troppo intensivamente Beatrice, e per questo viene richiamato dalle tre donne che simboleggiano le virtù teologali (fede, speranza e carità): lo splendore di Beatrice rappresenta la luce della grazia divina, rispetto alla quale gli occhi del poeta sono troppo deboli, essendoci squilibrio tra la sua umanità e il carattere sovrumano della figura della donna.

Dopo che Dante ha riacquistato la vista nota la processione mistica opera una conversione su se stessa e torna indietro.

L'albero presso cui il corteo si ferma e al quale il grifone lega il timone del carro è quello della conoscenza del bene e del male, soprattutto per il richiamo ad Adamo. L'albero rappresenta quindi la giustizia divina, offesa dal peccato compiuto da Adamo ed Eva, il che spiega perché la pianta sia priva di foglie e fiori.

Il grifone che lega il carro all'albero indica probabilmente che con la Redenzione e la crocifissione di Cristo (raffigurata dall'animale stesso) la giustizia divina è stata restaurata, come simboleggiato dal rifiorire subito dopo della pianta che si copre di fiori di colore rosa e viola; tutti lodano il grifone per non lacerare il legno della pianta che, se mangiata, provoca gravi danni (allusione al peccato originale) e l'animale ribatte che conservando la giustizia divina si conserva il fondamento di ogni giustizia, anche di quella terrena.

Alla fine di questo primo momento della processione Dante si addormenta.

La seconda parte del Canto inizia dunque col risveglio di Dante dovuto ad una forte luce e dal richiamo di Matelda, in tempo perché il poeta possa accorgersi che la compagnia è diminuita in quanto il grifone e gli altri personaggi stanno tornando in cielo, mentre Beatrice è ai piedi dell'albero, circondata dalle sette donne-virtù che reggono in mano delle lampade (i sette candelabri).

È l'inizio della sacra rappresentazione delle vicende del carro, anticipata dalla similitudine tra il risveglio di Dante e quello degli apostoli dopo la trasfigurazione di Cristo, nonché dal richiamo di Beatrice che esorta Dante a osservare con attenzione ciò che vedrà, poiché la sua missione è quella di riferire tutto nel poema una volta tornato sulla Terra.

Le vicende allegoriche del carro rimandano a quelle storiche della Chiesa, a cominciare dalle persecuzioni degli imperatori pagani rappresentati dall'aquila che dapprima lacera l'albero in quanto l'Impero ha offeso la giustizia divina e che poi scuote il carro che tuttavia resiste e resta in piedi; in seguito si allude al diffondersi delle eresie raffigurate dalla volpe, messa in fuga da Beatrice che rappresenta la scienza divina e l'azione dei Padri della Chiesa.

Poco dopo il carro viene attaccato da un drago uscito dalla terra, interpretato come simbolo degli scismi all'interno della Chiesa e, in particolare, dell'Islam il cui fondatore Maometto è stato posto da Dante tra i seminatori di discordie all'Inferno e che qui sarebbe rappresentato da un animale di forte significato demoniaco (il drago stacca una parte del fondo del carro, intendendo proprio che la Chiesa è stata danneggiata nella sua integrità).

Prima del drago, l'aquila era tornata a lasciare alcune delle sue penne sul carro, chiara allusione alla donazione di Costantino simbolo dell'inizio della corruzione ecclesiastica: ciò provocherà in seguito la mostruosa trasformazione del carro, che si ricoprirà interamente di penne e metterà sette teste cornute, simbolo dei sette peccati capitali, sormontato da una volgare meretrice che raffigura la Curia papale corrotta. 

Qui la bestia rappresenta la degenerazione della Chiesa a causa della corruzione e della simonia: la meretrice infatti è affiancata da un gigante, che si preoccupa che non gli venga sottratta e nel quale è da individuare il re di Francia Filippo il Bello. La soggezione della meretrice al gigante rappresenta la dipendenza della Curia papale dalla monarchia francese.

La prostituta rivolge uno sguardo seducente a Dante, il che allude al dissidio tra Filippo e Bonifacio VIII (oppure, secondo altri, al volgersi della Chiesa al popolo cristiano rappresentato qui dal poeta) e il gigante la frusta da capo a piedi, ciò che rimanderebbe all'oltraggio di Anagni compiuto da Filippo ai danni di Bonifacio.

Il fatto che il gigante stacchi il carro dall'albero e lo trascini via nella selva rappresenta la Cattività avignonese, episodio traumatico nella storia della Chiesa, e che Dante attribuisce al re francese e a papa Clemente V.

Così quindi si concludono le vicende del Canto XXXII del Purgatorio. 

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